domenica 21 settembre 2014

La follia del web

Conosco persone che, per scelta, non hanno il televisore. Si tratta di gente che vive la televisione come un demone o che, con compiaciuto snobismo, affermano di avere ‘ cose più interessanti da fare’. Niente da obiettare, perché spesso la tv propone un vuoto pericoloso o messaggi del tutto deleteri, come per esempio il fatto che basti apparire giovani, belli e del tutto decerebrati per avere denaro e successo.
Tuttavia la tv, specie quella di adesso, che offre una notevole quantità di canali digitali, propone anche trasmissioni molto interessanti, bei film, fiction gradevoli, documentari che potrebbero sostituire dieci lezioni di storia o di biologia e, al cospetto di queste persone, è imbarazzante constatare che, per esempio, non sappiano chi siano, per esempio, Lilli Gruber piuttosto che Roberto Benigni  o Loredana Berté: li tratti un po’ come si trattano i ritardati o i matti, con quella condiscendenza benevola e un po’ perplessa.
Il punto è che nessun mezzo è, di per sé, totalmente negativo o positivo, ma dipende da come lo si usa, affermazione banalissima ma vera. Il nostro cervello è un organo molto, troppo adattabile, per cui la capacità critica, se non sviluppata, tende a ridursi a zero e a farci comportare come automi non troppo intelligenti.
Qualche mese fa è apparsa la notizia di un’anziana che si è suicidata a causa della disumanizzazione dei rapporti dovuta al web e, in un certo senso, la capisco: una persona novantenne, abituata ad un mondo che esprime la condivisione con la presenza fisica, con la telefonata o con la compagnia, deve essersi sentita tagliata fuori da un mondo delirante, magari da dei figli sessantenni che, invece di parlare con lei, chattavano su Facebook o fissavano rapiti lo smartphone.
Anche Internet ,come la tv, è usato male, specie dai giovani ma, purtroppo, non solo: un mezzo che ha quasi infinite potenzialità viene usato solo per due-tre funzioni- tra le più deleterie- come leggere per ore post del tutto inutili che punteggiano la vita quotidiana delle persone. È una sorta di rito ipnotico, un rumore di sottofondo che impedisce di sentire ciò che si prova, un’anestesia emotiva che riduce il cervello a una pappa insipida, incapace di andare al di là del vuoto.
Se dovessi descrivere questo uso di Internet lo definirei come un atto masturbatorio con preservativo, cioè un surrogato di rapporti reali che potrebbero- oddio, che paura- provocare emozioni, coinvolgimento, dolore, gioia, conversazione, conflitto, condivisione reale.
Certo è più comodo non staccare il culo dalla sedia e avere una parvenza di comunicazione, di compagnia; sicuramente le persone in carne ed ossa sono più difficili da gestire, più problematiche; certo è più facile cliccare ‘mi piace’ – magari su un post che recita ‘ho l’ulcera duodenale’- che non telefonare e chiedere ‘come stai?’.
Davanti al babau della persona vera si preferisce allora commentare i post dello sconosciuto o, magari, dell’amico che non vedi da anni. Se tutto questo ha un effetto di istupidimento in persone adulte, mi chiedo con inquietudine che effetto avrà sulle vite di quelle generazioni nate col web.  Mi immagino scenari drammatici: robot umani paurosi dell’incontro, persone incapaci di relazionarsi con l’altro reale e, soprattutto, un’umanità molto più stupida, incredibilmente ignorante e priva di emozioni. Il Grande Fratello di Orwell, al confronto, è un ipnotista da circo.
Ho sentito che in Italia esistono già due cliniche specializzate nella cura dei ‘web sex addict’, cioè di quelle persone che praticano compulsivamente il sesso online e non sono in grado di praticarlo nella realtà.
Attendo il momento in cui si potranno far figli spedendoli come allegato.


© Danila Faenza

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