
Nessuno nega l’impatto traumatico che l’11 settembre ha provocato nelle coscienze, né la follia che lo ha ideato; il punto è che, ormai privi di un’identità (individuale, collettiva, nazionale) non abbiamo più memoria né spirito critico, qualità che servirebbero ad affermare che quel giorno ha probabilmente mutato la vita degli americani, ma non la nostra. Come direbbe Vasco, ‘non siamo mica gli americani’
Infatti, se gli Usa hanno visto una sola guerra sul loro territorio (quella civile, di Secessione, svoltasi tra Nordisti e Sudisti tra il 1861 e il 1865), purtroppo l’Europa è stata teatro di numerose guerre, tra cui le più drammatiche, le Due Guerre Mondiali; in seguito, tra gli anni ’70 e ’80, molti Paesi europei hanno vissuto il dramma del terrorismo. E, per quel che ci riguarda, non possiamo dimenticare che l’ultimo, folle atto terroristico è avvenuto nel 2002 con l’omicidio di Marco Biagi.
Noi italiani , quindi, conosciamo bene la paura, l’insicurezza, il dolore del terrorismo, delle stragi, delle morti tragiche quanto inutili di tante persone che avevano la sola ‘colpa’ di essere nel posto sbagliato nel momento sbagliato.
Poco più di un mese fa è stato celebrato il 34° anniversario della Strage alla stazione di Bologna, momento in cui, oltre ai morti, si ricordano i troppi dubbi, i troppi segreti, le troppe deviazioni, la troppa ideologia, i troppi misteri intorno alla Verità. E, purtroppo, ancora, troppa poca memoria: aldilà dell’annuale commemorazione, in cui tutti si sentono in dovere di ricordare, l’amnesia collettiva invade i restanti 364 giorni. e, non a caso, ne scrivo solo oggi.
Certo non si può ricordare tutto in ogni giorno della propria vita, ma mi ha sempre stupito la sostanziale rimozione dei superstiti della strage. Ho conosciuto persone la cui vita è davvero cambiata, in quel giorno: persone che erano nei paraggi della stazione e che sono state ossessionate da ricordi atroci per lungo tempo, persone che –da allora- non sono più salite su un mezzo pubblico, persone che sono state traumatizzate irrimediabilmente da quell’ evento.
Sappiamo che i morti tacciono, mentre i vivi possono parlare e ricordare. E mi sono sempre chiesta, in questi decenni, come quella tragedia abbia segnato la vita di coloro che, il 2 agosto del 1980, sono scampati per un soffio alla morte. E perché mai nessun giornalista, regista, documentarista abbia pensato di raccogliere i ricordi e le testimonianze dei superstiti di tutte le disumane stragi perpetrate in Italia.
Ora la mia curiosità (umana e non certo morbosa) ha avuto una risposta, almeno parziale, attraverso il bel docufilm Un solo errore, di Matteo Pasi, finalista al Premio Ilaria Alpi 2013 nella sezione “migliore inchiesta televisiva italiana”. Lo potete vedere qui: http://www.arcoiris.tv/scheda/it/15916/
Guardatelo, ne vale la pena: a parte le testimonianze di chi, in quel giorno, ha avuto la propria vita lacerata per sempre, c’è una sequenza che potrebbe cambiare le vite di molti, portandoli (o riportandoli) ad una ‘giusta’ rabbia, alla sete di verità e di lotta, la sequenza in cui Licio Gelli afferma che, secondo lui, il disastro è avvenuto a causa di un mozzicone di sigaretta che, a causa del caldo, ha creato una sorta di autocombustione. Già, si sa che fumare fa male…
© Danila Faenza
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