mercoledì 3 dicembre 2014

Femminicidio: le colpe delle donne


Notizia degli ultimi giorni: un  signore, dopo aver assassinato la moglie, ha postato su Facebook la frase ‘Sei morta, *****’. In poche ore più di 300 cretini hanno cliccato ‘Mi piace’ e, tra loro, almeno 200 sapevano che quel post corrispondeva al profilo di un vero assassino. Probabilmente più della metà di loro ha visto nel delinquente un ‘eroe’ che ha avuto il ‘coraggio’ di fare quel che anche loro fantasticano, visto che attualmente il numero delle donne uccise dai partner o dagli ex si aggira intorno ai 170 all’anno.
Lo scorso 25 novembre era la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne e la rete Real Time ha trasmesso un documentario, Storie di violenza domestica, interessante e per niente banale (http://www.realtimetv.it/video/storie-di-violenza-domestica-ep-1-parte-1/). Tuttavia, nel corso del programma, si è fatto riferimento ad un possibile elemento che scatena la violenza, il solito luogo comune: l’indipendenza delle donne, la loro emancipazione.
Ecco, questo è una di quelle affermazioni che mi mandano in bestia, perché non è solo negli ultimi 15 anni che le donne si sono emancipate, perché credo non sia la motivazione ma, forse, una delle motivazioni in un esiguo numero di casi.
Molti anni fa, parlando con un’amica del crescente numero di violenze sulle donne, ‘profetizzai’ che sarebbero cresciute in modo esponenziale e la realtà mi ha dato ragione. A volte dispiace aver avuto lungimiranza, ma a mio parere gli elementi per prevedere un’escalation del fenomeno erano sotto gli occhi di tutti e mi chiedo perché nessuno, tuttora, li veda.
Innanzitutto la crisi economica, che per alcuni è storia recente perché ‘i ristoranti sono pieni’, era già concreta col passaggio dalla lira all’euro, quando i prezzi sono stati selvaggiamente raddoppiati senza alcun controllo e gli stipendi sono rimasti gli stessi. Il resto è storia e non è necessario avere una laurea in sociologia per capire che le difficoltà economiche non sono mai un fattore di serenità ma, al contrario, esasperano gli animi, aggravano le tensioni e fanno lievitare i problemi.
Secondariamente - ma il punto credo sia molto importante- mentre le donne, quando hanno un problema, tendono a parlarne, gli uomini – nella maggior parte dei casi- fanno finta di nulla, specialmente se si tratta di problemi relativi alla coppia. L’amicizia, che per le donne è spesso rifugio, consiglio, confidenza, per i maschi è aperitivo, calcetto e pacca sulle spalle.
Tutto questo accade in un momento storico di enorme solitudine degli individui, che sempre meno comunicano realmente.
Le situazioni di aggregazione che un tempo riunivano le persone intorno ad obiettivi comuni, come per esempio la politica, gli interessi culturali o il banale desiderio di chiacchiere, sono sempre più rare o esistono nel web, come succedaneo di partecipazione reale.
La parola amicizia è stata svuotata di senso, sostituita nella maggior parte dei casi da rapporti virtuali totalmente privi di significato. Il web, per molti, è un mormorio di fondo in cui perdersi per scacciare la noia, dimenticare la realtà, affogare le proprie angosce, stordirsi con giochi elettronici, leggere stralci insignificanti delle vite quotidiane di sconosciuti, ‘condividere’ vacanze e lamentele per farsi notare.
Tutto questo è ben lontano dalla vera amicizia, che è aggregazione, convivialità, scambio, confronto, consiglio, confidenza, affetto, vicinanza, condivisione reale del bene e del male della vita. Le delusioni d’amore, le rotture affettive, i divorzi, fino ad un passato non così lontano si superavano anche grazie alla presenza di amici che portandoti a bere un bicchiere, ascoltando fino alla nausea gli stessi racconti, distraendoti in tanti modi, ti aiutavano, nei momenti più bui, a staccarti almeno per qualche ora dal problema.
L’isolamento in cui però oggi vivono le persone e le coppie è spesso reale, al di là dell’illusione virtuale di avere tanti ‘amici’. In questo deserto di umanità anche la più insoddisfacente o conflittuale relazione a due sembra l’unico porto sicuro per barchette sperdute in un oceano minaccioso.
Ne consegue che se una donna decide di allontanarsi dal proprio partner, a molti di questi uomini non rimane nulla a cui aggrapparsi e lottano strenuamente per conservare anche la più piccola illusione di relazione.
Ovviamente non è sempre così, ma spesso sì. E allora la solitudine, l’abbandono, il dolore, in taluni si sposano con la rabbia, la rivendicazione, la rivalsa, l’ostinazione, il possesso dell’unico ‘bene’ che è loro rimasto. Dall’esasperazione all’esercizio della violenza, alla dimostrazione della superiorità fisica, il passo è, per alcuni, breve.
Ma anche le donne, spesso, sono colpevoli o complici dei loro aguzzini. Sono colpevoli non di essersi emancipate, ma di chiudersi nel silenzio. Per vergogna, per paura, per la solita inutile speranza che ‘lui cambi’, per l’orgoglio che non consente loro di ammettere il fallimento della relazione o di essersi sbagliate sulla vera personalità del compagno.
Colpevoli di credere ancora che l’amore sia compatibile coi ceffoni, che il desiderio di lui di averla solo per sé sia dimostrazione di passione assoluta e non di controllo patologico, colpevoli di credere che ‘la forza dell’amore’ sistemerà tutto.
L’amore, che certamente ha tante facce e che nessuno può definire. Ma, al negativo, si può dire che certamente non è quello che si nutre di soprusi e di violenze.
© Danila Faenza

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