
Lo scorso 25 novembre era la
Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne e la rete Real Time ha
trasmesso un documentario, Storie di violenza domestica, interessante e per niente banale (http://www.realtimetv.it/video/storie-di-violenza-domestica-ep-1-parte-1/). Tuttavia, nel
corso del programma, si è fatto riferimento ad un possibile elemento che
scatena la violenza, il solito luogo comune: l’indipendenza delle donne, la loro
emancipazione.
Ecco, questo è una di quelle affermazioni che mi mandano in bestia, perché non è solo negli ultimi 15 anni che le donne si sono emancipate, perché credo non sia la motivazione ma,
forse, una delle motivazioni in un esiguo numero di casi.
Molti anni fa, parlando con
un’amica del crescente numero di violenze sulle donne, ‘profetizzai’ che
sarebbero cresciute in modo esponenziale e la realtà mi ha dato ragione. A
volte dispiace aver avuto lungimiranza, ma a mio parere gli elementi per
prevedere un’escalation del fenomeno erano sotto gli occhi di tutti e mi chiedo
perché nessuno, tuttora, li veda.
Innanzitutto la crisi economica, che per
alcuni è storia recente perché ‘i ristoranti sono pieni’, era già concreta col
passaggio dalla lira all’euro, quando i prezzi sono stati selvaggiamente
raddoppiati senza alcun controllo e gli stipendi sono rimasti gli stessi. Il
resto è storia e non è necessario avere una laurea in sociologia per capire che
le difficoltà economiche non sono mai un fattore di serenità ma, al contrario,
esasperano gli animi, aggravano le tensioni e fanno lievitare i problemi.
Secondariamente - ma il punto credo sia molto importante- mentre le donne, quando hanno un
problema, tendono a parlarne, gli uomini – nella maggior parte dei casi- fanno
finta di nulla, specialmente se si tratta di problemi relativi alla coppia.
L’amicizia, che per le donne è spesso rifugio, consiglio, confidenza, per i
maschi è aperitivo, calcetto e pacca sulle spalle.
Tutto questo accade in un momento
storico di enorme solitudine degli individui, che sempre meno comunicano
realmente.
Le situazioni di aggregazione che
un tempo riunivano le persone intorno ad obiettivi comuni, come per esempio la
politica, gli interessi culturali o il banale desiderio di chiacchiere, sono
sempre più rare o esistono nel web, come succedaneo di partecipazione reale.
La parola amicizia è stata
svuotata di senso, sostituita nella maggior parte dei casi da rapporti virtuali
totalmente privi di significato. Il web, per molti, è un mormorio di fondo in
cui perdersi per scacciare la noia, dimenticare la realtà, affogare le proprie
angosce, stordirsi con giochi elettronici, leggere stralci insignificanti delle
vite quotidiane di sconosciuti, ‘condividere’ vacanze e lamentele per farsi
notare.
Tutto questo è ben lontano dalla
vera amicizia, che è aggregazione, convivialità, scambio, confronto, consiglio,
confidenza, affetto, vicinanza, condivisione reale del bene e del male della
vita. Le delusioni d’amore, le rotture affettive, i divorzi, fino ad un passato
non così lontano si superavano anche grazie alla presenza di amici che
portandoti a bere un bicchiere, ascoltando fino alla nausea gli stessi
racconti, distraendoti in tanti modi, ti aiutavano, nei momenti più bui, a staccarti
almeno per qualche ora dal problema.
L’isolamento in cui però oggi
vivono le persone e le coppie è spesso reale, al di là dell’illusione virtuale
di avere tanti ‘amici’. In questo deserto di umanità anche la più
insoddisfacente o conflittuale relazione a due sembra l’unico porto sicuro per
barchette sperdute in un oceano minaccioso.
Ne consegue che se una donna
decide di allontanarsi dal proprio partner, a molti di questi uomini non rimane
nulla a cui aggrapparsi e lottano strenuamente per conservare anche la più
piccola illusione di relazione.
Ovviamente non è sempre così, ma
spesso sì. E allora la solitudine, l’abbandono, il dolore, in taluni si sposano
con la rabbia, la rivendicazione, la rivalsa, l’ostinazione, il possesso
dell’unico ‘bene’ che è loro rimasto. Dall’esasperazione all’esercizio della
violenza, alla dimostrazione della superiorità fisica, il passo è, per alcuni,
breve.
Ma anche le donne, spesso, sono
colpevoli o complici dei loro aguzzini. Sono colpevoli non di essersi
emancipate, ma di chiudersi nel silenzio. Per vergogna, per paura, per la
solita inutile speranza che ‘lui cambi’, per l’orgoglio che non consente loro
di ammettere il fallimento della relazione o di essersi sbagliate sulla vera
personalità del compagno.
Colpevoli di credere ancora che
l’amore sia compatibile coi ceffoni, che il desiderio di lui di averla solo per
sé sia dimostrazione di passione assoluta e non di controllo patologico,
colpevoli di credere che ‘la forza dell’amore’ sistemerà tutto.
L’amore, che certamente ha tante facce e che nessuno può
definire. Ma, al negativo, si può dire che certamente non è quello che si nutre di soprusi e di violenze.
© Danila Faenza
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