sabato 12 luglio 2014

RE(VISIONI): MAGNOLIA

La parola ‘nemesi’ è la chiave per interpretare Magnolia (1999), il bellissimo film di Paul Thomas Anderson.
Secondo la mitologia greca, Nemesi distribuiva il fato in modo tale da riparare i danni fatti o le fortune immeritate; si tratta, insomma di una forza equilibratrice, in qualche modo livellante e riparativa.
Il film è corale e costituito da nove storie che in qualche modo si intrecciano: in ogni episodio, ognuno dei personaggi incontra la sua ‘ombra’, la parte negata di sé, la sua paura, il suo tabù, la sua ossessione negata, il suo amore represso, la misericordia rifiutata, il rigore ignorato.
Il destino, più ancora che il lettino dello psicoanalista, mette i protagonisti al muro, costringendoli ad affrontare ciò che, con caparbietà, superficialità ed ipocrisia, hanno sempre cercato di sfuggire.
Linda ( una sempre bellissima ed intensa Julianne Moore), è la moglie di un anziano malato terminale (Jason Robards) che ha sposato solo per i suoi soldi ma che, ora, ama: vuole rinunciare all’eredità per i sensi di colpa che ora prova; “Quiz Kid" Donnie Smith (William H. Macy, che ricordiamo come interprete di Fargo) è un ex bambino prodigio caduto in disgrazia che mette un atto una rapina per mettersi l’apparecchio ortodontico al fine di conquistare il giovane barista di un pub per gay.
Il regista è talmente abile da riuscire anche a far recitare bene perfino Tom Cruise, nel  ruolo di un ‘santone della misoginia’ e del sesso come effimero potere e fonte di rivalsa sulle odiate donne.
Magnolia ricorda, per certi aspetti, il Robert Altman di America Oggi (Short Cuts, 1993), capolavoro del compianto regista americano; uno degli elementi di somiglianza è l’intervento finale della forza incontrollabile della natura (in Altman il terremoto, in Magnolia la pioggia di rane) che, in qualche modo, fa pensare alla giustizia divina. Ma se in un caso prevaleva il pessimismo, in questo film la sensazione finale è liberatoria, come quando si è saldato un debito, riconosciuto un proprio errore, ritrovata la fiducia nella possibilità di un nuovo inizio.
Non è probabilmente una coincidenza che la pioggia di  rane sembri ispirata da una delle Piaghe d’Egitto (la seconda) descritta nell’Esodo della Bibbia (http://www.laparola.net/wiki.php?riferimento=Es7%2C26-8%2C11&formato_rif=vp ), in cui Dio dice a Mosè di recarsi dal faraone per intimargli di lasciare andare il suo popolo (gli Ebrei) affinché possano servirlo e, in caso di rifiuto, minaccia un’invasione di rane.
Aldilà dell’interpretazione religiosa,  il messaggio sembra spronare alla liberazione dalla schiavitù del desiderio del potere materiale e dai propri schemi mentali ed incoraggiare verso l’apertura dell’anima. E se tutti i dolori e le paure dei personaggi sono connessi tra loro, realizzare un cambiamento personale forse significa anche irradiare pace su chi ci circonda, piuttosto che odio, rabbia e frustrazione. Magari funzionasse sempre così.
Per chi l’avesse perso o volesse rivederlo, in onda stasera, domenica 13 luglio, su Iris alle 21.

© Danila Faenza 

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