domenica 10 giugno 2018

Nessuna è brutta


Venerdì scorso Rai Uno ha trasmesso la prima puntata di Ora o mai più, un programma che indaga sulle ragioni per cui alcuni cantanti che hanno avuto un grande successo siano poi scomparsi dalla scena.
Al momento non scriverò su questo, ma vorrei riflettere sul fatto che, a volte, non si riconoscono le qualità di una canzone o di un interprete. Tra i partecipanti allo show, Alessandro Canino, che si presentò al Festival di Sanremo nel 1992 con Brutta, scritta da Bruno Zucchetti e Beppe Dati (autore anche per Marco Masini) e la canzone non mi entusiasmò, probabilmente per età e pregiudizi. Eppure l’altra sera, riascoltandola, ho pensato alle tante adolescenti che soffrono per non essere conformi ad uno stereotipo di ‘bellezza’: troppo grasse, troppo magre, troppo anonime, troppo inadeguate.
Ad una certa età, è vero, queste sembrano stupidaggini, ma spesso ci dimentichiamo del nostro passato e lo minimizziamo, specialmente se non abbiamo rapporti con adolescenti.
Ma a distanza di tanti anni, lavorando con ragazzi/e, mi rendo conto di come l’essere fuori dal coro e dagli stereotipi possa ferire i ragazzi e del perché questa canzone, aldilà della melodia accattivante, sia rimasta nella memori di tanti: se l’inadeguatezza si accompagna ai (pre)giudizi dei coetanei, può essere letale, ma solo con l’età e l’esperienza si impara che l’essere amate è indipendente dalla bellezza stereotipata, da come ci si pone, da come ci si veste.
L’amore è cieco, è vero, ed è indipendente dalla nostra volontà.
Cercate l’amore e non l’ammirazione, ragazze.
Ps: nella seconda parte del video si vede un bellissimo volto di donna, che a me sembra quello di Alessandra Appiano, a cui dedico questo post.



sabato 12 maggio 2018

Un venerdì nero


Ventitre anni fa moriva Mia Martini, presumibilmente in una notte di venerdì.
Quella notte provocò un terremoto nella vita di tutti i suoi fan, ma soprattutto nel cuore di sua sorella, Loredana Bertè. Perché i non detti, i non fatti, le distanze pesano come montagne dopo.
Ma pochi pensano al ‘dopo’ e , quando ci pensano, i rimpianti e i sensi di colpa, le accuse reciproche e le tenerezze mancate si cristallizzano, diventando stalattiti di dolore che rendono la vita più dura di quel che è già.
Questa è una canzone troppo spesso dimenticata, ma bellissima, scritta da Loredana e Philip Leon.
Il testo andrebbe riascoltato, perché esprime più cose di quelle che si immaginano.




lunedì 6 febbraio 2017

Blad Runner reload n. 1


Io ne ho viste cose che voi umani non potreste neanche immaginarvi: il ritorno di D'Alema, che nemmeno la peggior faccia da culo dell'asteroide Eta Beta poteva osare...
La De Filippi che canta 'Trottolino amoroso dududadada' con la voce di Linda Blair ne L'Esorcista...
La pettinatura di Marzullo...
E' tempo di morire.
@ Danila Faenza

martedì 31 maggio 2016

Aiutiamo Carmen Di Pietro a capire il significato del punto interrogativo.



Ho visto alcuni stralci di questi video a Striscia la notizia e ne sono rimasta folgorata:
Carmen Di Pietro recita alcune tra le più celebri poesie italiane con insospettabile intensità. Tuttavia l’attrice potrebbe notevolmente migliorare le sue performances con un migliore uso del punto interrogativo.
Incoraggiamola con qualche lezione.
Lezione numero 1: il punto interrogativo si esprime con questo simbolo: ?.
Ove appaia un punto interrogativo, il tono della voce deve esprimere una domanda; quando il simbolo non appare, la domanda non c’è.
Forza Carmen, ce la puoi fare!


Danila Faenza ©

mercoledì 16 dicembre 2015

Il jukeboxe del passato: Mango, Tu...sì

Pochi giorni fa ricorreva il primo anniversario della morte di Mango, morte inaspettata e sconvolgente per coloro che assistevano al concerto in cui si è sentito male ma, soprattutto, per i suoi familiari.
L’Italia è un Paese anomalo: generalmente non riconosciamo il ‘genio’ se non dopo la morte, qualche volta nemmeno in questa circostanza; altre volte, al contrario, creiamo dei falsi miti intorno a persone pochissimo dotate o dotate esclusivamente o quasi di ‘qualità’ esteriori come la bellezza, la gioventù, la spavalderia, l’inconsapevolezza, l’arrivismo fine a se stesso (vedi i gieffini, i tronisti, le veline, i trombisti, nani e ballerine). Peccato, perché le ‘eccellenze’ della nostra terra sono ben altre.
Personalmente credo che Mango sia stato un interprete non grande ma enorme grazie alla sua vocalità, unica e dal timbro particolarissimo; come musicista aveva una sua ‘cifra’, nel senso che le sue musiche portavano la sua firma: se avevi un minimo di sensibilità musicale capivi che quella canzone l’aveva scritta lui anche se era interpretata da Loretta Goggi, da Mia Martini, da Loredana Berté (e comunque non parliamo di starlette, ma di grandi interpreti)
Si trattava di una musicalità che, da profana’, definirei ‘aperta’, nel senso che, nell’inciso, le sue canzoni mutavano di melodia e si espandevano in maniera ‘mediterranea’, aldilà della struttura iniziale del brano.
Un esempio per tutti sia Tu... sì  , brano presentato al Festival di Sanremo nel 1990 e scritto da Mango e dal fratello Armando: nell’album che ospita la canzone, molti brani sono scritti, per la parte letteraria, da quel mostro di bravura che è Mogol; tuttavia la differenza non si percepisce, perché è la musica a portarci in un'atmosfera unica.
Oltre alla tecnica, si percepisce l’ispirazione, l’anima, l’originalità dell’artista.
Come Domenico Modugno, Giuni Russo, Mia Martini, Pino Daniele, Lucio Dalla e Lucio Battisti, Mango era un artista unico, insostituibile. Ci mancherà la sensualità del suo timbro e del suo falsetto, la mediterraneità della sua voce, la sua bellezza, la sua ritrosia all'esposizione mediatica, inversamente proporzionale al suo talento, la sua originalità di compositore e di interprete.



© Danila Faenza

martedì 3 novembre 2015

Pasolini: 40 anni senza la sua voce

In questi giorni tutte le reti televisive hanno commemorato, in svariati modi, la morte di Pier Paolo Pasolini, assassinato il 2 novembre del 1975, a soli 53 anni.  
Nato a Bologna dal matrimonio tra un ufficiale dei carabinieri romagnolo e una maestra friulana, Susanna Colussi, visse in svariate località a causa della professione paterna. A Bologna, in  via Borgonuovo 4, dove nacque, c’è ancora una targa che lo ricorda.
Sulle dinamiche della sua morte ancora permangono molti dubbi, a causa di testimoni reticenti e circostanze poco chiare, sottolineate sia dalla sua amica del cuore, Laura Betti, sia da altre autorevoli voci (dalla giornalista Oriana Fallaci al regista Marco Tullio Giordana che, nel suo film Pasolini, un delitto italiano -1995-, evidenzia le contraddizioni emerse nel processo a Pino Pelosi, l’uomo ritenuto il solo responsabile dell’omicidio).
Negli ultimi anni, peraltro, Pelosi, pur avendo già scontato la condanna, ha raccontato altre versioni del fatto, ammettendo che l’omicidio dell’intellettuale sarebbe stato perpetrato insieme ad altre persone- cosa da sempre ritenuta probabile- e in conseguenza della richiesta di un riscatto del furto di alcune ‘pizze’ di un film di Pasolini.
Qualsiasi cosa sia successa quella notte , al tempo la reazione dell’opinione pubblica, in generale, fu quella di chiudere il caso come la naturale conseguenza di una devianza – quindi di una colpa- consistente nell’omosessualità , ‘aggravata’ dal comprare il sesso facile con ragazzini poveri – e sfruttabili- nei bassifondi di Roma.
Questa ‘pubblica sentenza’ fu certo agevolata dalla ‘scomodità’ del personaggio Pasolini, una delle voci intellettuali più raffinate e ‘fuori dal coro ’ della cultura italiana.
Cattolico, comunista e omosessuale dichiarato: tre concetti che, all’epoca, facevano a pugni l’uno con l’altro. Eppure, aldilà dei risultati della sua arte, a volte controversa come lui, di un Pasolini avremmo proprio un gran bisogno, in quest’epoca di conformismo lineare anche nel cosiddetto ‘politicamente corretto ’. In un Paese di pecore, ci sarebbe un gran bisogno di menti libere come la sua, che attraversano trasversalmente le arti come le ideologie, smascherando le ipocrisie non più ‘borghesi’ ma di costume, di politica, di fede, di contraddizione tra i falsi miti che si hanno in testa e la ‘pratica’ del vivere quotidiano.
Speriamo che, prima o poi, sia fatta luce su questo omicidio che non fu solo vigliacco e scellerato, ma anche –in qualche modo- politico.
Del legame fortissimo di Pasolini con la madre si è sempre saputo, scritto, speculato. Ma vero è che testimoni oculari, durante il suo martirio, lo sentirono invocare ‘mamma, aiutami mamma’, come tutti i comuni mortali quando sentono avvicinarsi il pericolo e la morte.
Questo è uno dei tanti elementi che ce lo rendono ancora più umano.
Alla sua terribile agonia, la musicista Giovanna Marini ha dedicato questo brano, ispirato all’Orazione di San Donato (http://wikitesti.com/index.php/L'orazione_di_San_Donato) .
Ascoltiamolo, ne vale la pena.