martedì 12 gennaio 2016

David Bowie dà scaccomatto alla morte



Dopo la morte inaspettata di David Bowie i media si scatenano nel leggere, nel video Lazarus, una sorta di preveggenza.
Francamente non trovo nulla di ‘esoterico’ in questo video, ma molto di più. Voglio dire che appare evidente che Bowie sapesse di morire e non per qualche motivo ‘arcano’, ma per una chiara, lucida consapevolezza.
Credo che questo lo renda ancora più grande perché non  è da tutti ‘elaborare’ la propria, prossima, morte, in maniera artistica. Penso che solo le persone molto evolute siano in grado di farlo, accantonando la loro parte ‘terrena’ per fare, anche della propria morte, un atto artistico, creativo. Un modo, insomma, per dare scaccomatto anche alla Nera Signora.
E, a proposito di ‘nero’, anche il titolo del suo ultimo album, Black Star, suona come un addio ed un arrivederci: sono stato una stella e sempre lo sarò, anche se una stella nera. .
Quando ero bambina David Bowie era già famoso e già mi piaceva: credo di essere una delle poche, della mia generazione, a ricordarsi la versione italiana di Space Oddity , Ragazzo solo ragazza sola (1970), il cui testo fu scritto da Mogol; nonostante il grande successo planetario della sua musica, il suo modo stravagante di porsi lo fece considerare dai più come una meteora, una moda passeggera, un personaggio bizzarro che sarebbe stato presto archiviato.
Invece sono passati anni, decenni e lui era ancora lì, aldilà delle mode, del tempo, dei cambiamenti, sempre più bravo, libero e alto, altissimo.
Perché gli artisti veri sono soprattutto questo: uccelli che volano alto e vedono tutto da una prospettiva molto diversa da quella terrena. Ma in Bowie, evidentemente, c’era un quid in più: quel distacco tipico degli illuminati, dei santi, dei lama buddisti, dei grandi saggi, delle persone comunque spiritualmente (e, quindi, umanamente) più evolute di tutti gli altre.
Il video di Lazarus è agghiacciante, sia per le immagini che per il testo: senza mezzi termini trasmette l’idea della morte, della sofferenza, ma anche della trasformazione;  d’altronde già da Space Oddity il Duca Bianco aveva mostrato la sua propensione al distacco dalle cose terrene e l’aspirazione a ‘volare’: il testo, infatti, parla di un astronauta perso nello spazio ma che non perde il controllo; non solo non si rassegna, ma  è curioso di ciò che l’aspetta (  Planet Earth is blue And there's nothing I can do: il pianeta Terra è azzurro e non c’è niente che io possa fare).
Mi pare di intravedere un filo conduttore tra l’astronauta che vaga nell’universo, sperduto ma tranquillo, e questo Lazzaro resuscitato e scarnificato, con quegli occhi troppo grandi su un viso smunto, che scrive parole che escono da un quaderno e che, alla fine, si rinchiude in un armadio. Come a dire: ci sono stato, ho vissuto, ho sofferto e morirò; ma  ci sarò, anche se non mi vedrete.

Giocare a nascondino con la morte quando si sa di dover morire è davvero cosa per persone che sono andate ‘oltre’. Forse anche questo spiega, in parte, il motivo per cui un essere umano diventa un’icona. Almeno io la penso così.

@ Danila Faenza 

Nessun commento :

Posta un commento