martedì 28 aprile 2015

Salviamo il Trota!

A volte leggo/sento notizie che dovrebbero far imbestialire e invece fanno ridere. Per esempio, stasera, il rinvio a giudizio per ‘spese pazze’ di alcuni consiglieri della regione Lombardia, tra cui Renzo Bossi, figlio di Umberto ( per intenderci, ‘il Trota’).
Intanto la cifra scialacquata  (quasi 16.000 euro) è davvero ridicola rispetto alle strutture pubbliche (scuole, ospedali, carceri) realizzate e mai usate in questo assurdo Paese in cui ogni appalto è una scusa per chiamare tutti gli amichetti al magna magna e fare il peggio possibile col maggior lucro realizzabile.
Ma, tornando al Trota, il ragazzo si sarebbe appropriato della somma complessiva di 15.757,21 euro per aver messo in conto spese per caramelle, gomme da masticare, cocktail come mojito, campari e negroni, patatine, barrette ipocaloriche, giornali, sigarette, un iPhone, auricolari, un computer e il libro Carta straccia di Giampaolo Pansa.
Intanto ci complimentiamo con lui per aver speso una minima quota per un libro, giornali (immaginiamo quotidiani, settimanali culturali e in lingua lombarda e celtica, oltre che a qualche copia de Le Ore risalenti al 1983 ), per un computer e per un iPhone, strumenti sempre utili se usati come si deve (per esempio, nel caso dei libri, letti e non usati per accendere il camino).
Secondariamente vorremmo lavorare di fantasia e, nello specifico, mi sottopongo alla prova e quindi immagino: di avere come padre Umberto Bossi (potrebbe essere, se si fosse riprodotto a 18 anni); di essere maschio; di essere riuscito ad entrare nel Consiglio regionale –con stipendio, bonus, privilegi, etc.- e di essere abbastanza disinvolto, disonesto, ingenuo, da pensare di poter accreditare al pubblico il mio piacere privato.
Ecco, attraverso questa mente fervida ipotizzo weekend ‘romantici’ –o scoperecci’- con ‘pupe’ varie in località esclusive o da sogno come Venezia, Malindi o Bergamo bassa, evitando i ‘secchioni’ con cene luculliane a base di crostacei, oppure due tortelloni e mezzo all'anice ripieni di lumache delle Madonie nel resort dello chef di moda o, ancora, un’indigestione di  cassoeula da ‘Ambros el milanes’. Macché... il Trota si è sputtanato 15.000 euro in caramelle, campari, arachidi tostate, semi di girasole per criceti, cedrata Tassoni, salatini riscaldati e misto giapponese da 0,99 cent.
Neanche ‘salmonato’ è il Trota, cioè manco con quella vaga idea di esotico di chi pensa di nuotare nella corrente della moda, del trend, dell’idiozia generalizzata. Niente salmone, ma neanche una decisa controtendenza baccalà.
Insomma, io vorrei spezzare un’arancia per un tipo così e dire che questo reato – se accertato- dovrebbe passare da subito in prescrizione per evidente incapacità di intendere la differenza tra ‘il godersi la vita’ e l’happy hour, tra il voler vivere bene e il sopravvivere alla moda dell’ ape- ndr:aperitivo- e del cazzeggio.

Dato che lo sperpero del denaro pubblico è praticamente endemico in Italia, ci dovrebbe essere una morale – una legge- che stabilisce una differenza tra chi sperpera in modo intelligente e chi lo fa in modo cretino, considerando almeno questo in maniera meritocratica. All’italiana, s’intende: quindi chi non riesce a capire che una grigliata di crostacei annaffiata da Moët et Chandon è meglio dei popcorn col Crodino deve essere assolto per insufficienza. Di quel che volete voi. 
© Danila Faenza

domenica 26 aprile 2015

Il Jukeboxe del passato: Bella ciao, Modena City Ramblers e Paolo Rossi

Questo canto, ovviamente, non è mai stato materialmente dentro un jukeboxe, ma correva per le valli, le campagne e le montagne. È una melodia che sta dentro il nostro dna, nel nostro jukeboxe cromosomico, perché quasi tutti noi discendiamo da famiglie contadine e questo è un canto popolare- quindi di autore anonimo- che, nel corso del tempo, è stato preso come inno da varie categorie.
La melodia sembrerebbe derivare da un canto delle mondine dell’800, donne che per combattere la fatica di un lavoro insalubre e faticoso, si facevano forza col canto. Musica davvero popolare, che pare si innesti su poche note per contaminarsi con altre canzoni popolari di diverse regioni, per arrivare fino ad una ballata del ‘500. E, ancora, c’è chi dice che la derivazione sia ebraica. Comunque sia, a noi è arrivata così e ancora ci parla di uomini e donne che lottavano per liberarsi da un regime che, alleandosi con la Germania, aveva portato il Paese verso l’inferno.


© Danila Faenza 

domenica 5 aprile 2015

Noi, ragazzi di oggi noi...



Il vescovo di Noto, Antonio Staglianò, ha 55 anni, cioè la mia età: ho sempre pensato che la mia generazione fosse (sia) un po’ ‘stranuccia’... 
A volte siamo stupidamente conformisti, altre volte siamo genialmente bizzarri...
Mi verrebbero molti titoli da consigliare al mio notevole coetaneo, ma preferisco limitarmi. 
E va bene così, come direbbe Vasco, senza parole....
© Danila Faenza